Ormai tutt* maneggiamo parole come ansia, depressione, elaborazione del lutto, narcisismo, panico, e quant’altro.
Forse la psicologia è ormai psicologismo. E come quasi tutti gli “ismi” della storia, ciò non pare cosa positiva.
L’inflazione di certi termini e concetti, come l’inflazione con cui facciamo altro tipo di conti, disorienta e confonde, perché spesso la usiamo per filosofeggiare, e per non guardare in faccia al problema, nella sua essenza più semplice e genuina.
Se stiamo attraversando un periodo difficile che non riusciamo ad affrontare con serenità e lucidità, sentirci dire – e dirci – che si tratta di attacchi di panico… ci fa stare quasi meglio!
Così incaselliamo le nostre emozioni, le nostre paure, persino quell’adrenalina che dovrebbe esserci amica e venirci in soccorso per fronteggiare i pericoli, in un ben preciso e delineato “cassetto delle definizioni” (o addirittura di “auto-diagnosi”) e – ATTENZIONE ATTENZIONE! – mescoliamo in tal modo la soluzione delle nostre difficoltà, con il perpetrarsi delle stesse.
Ho un consiglio: proviamo a smettere di impegnarci a rintracciare (ad esempio nelle parole degli esìmi psycho-opinionisti tv, tanto per citare una categoria… diciamo, a caso) elementi che ci suonano familiari, pur di riconoscerci in qualcosa… nel disturbo d’ansia, in quello ossessivo-compulsivo, o in quello dell’adattamento, o chissà mai nella sindrome di Tourette … anzi no, tratti autistici, ecco sì, ora tutto chiaro, sono questi i nostri! … Cerchiamo piuttosto significati, contenuti, SENSO, prima di tutto dentro di noi.
Al di là di tante parole riciclate.
Che le parole sono l’unico materiale che, meno si ricicla, meglio è : – )