Cosa vuol dire stare bene? Psycho-collegh*, voi la risposta la sapete, qui mi rivolgo più a psycho-pazienti (in percorso, o in meditazione sulla via di cimentarsi in questo ruolo).
E’ ormai chiaro che non è sufficiente non essere ammalat* per poter dichiarare di star bene, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità lo ha affermato già da qualche anno. Star bene, nel linguaggio della psicologia che preferisco, quella del modello funzionale, significa essere integrat*. (Forse questo taglio può essere interessante in realtà anche per psycho-collegh* che parlano linguaggi diversi, mutuati da altri approcci teorici – o almeno a me piace sempre approfondire differenti paradigmi…).
Dunque: noi esseri umani siamo esseri complessi, complessi perché non siamo né ciò che pensiamo, né le emozioni che proviamo, né ciò che esperiamo attraverso i sensi, né ciò che mostriamo, né mero frutto di meccanismi biochimici. Siamo tutto insieme e molto di più, siamo anche, insieme a questo, la nostra storia legata alla famiglia d’origine e a quella che costruiamo, agli ambienti che frequentiamo, alle relazioni sociali che intessiamo, e ancora questo elenco non è, né sarà mai, sufficiente. Se c’è integrazione in noi – dunque salute psicofisica – vivremo un’esperienza ad esempio gioiosa (come un appuntamento con la persona amata, un esame superato, una proposta di lavoro, ecc) e, oltre che riconoscere – mentre accade – l’emozione della gioia dentro di noi, riusciremo ad esprimerla liberamente (col tono di voce squillante, con una postura aperta, con movimenti vivaci,…), avremo pensieri legati all’esperienza gioiosa, cioè non staremo nel frattempo preoccupandoci di qualcos’altro (come ipotizzare la fine della nostra storia d’amore, agitarci per il prossimo esame, ecc), tutto il nostro corpo, nella sua fisiologia, sarà coerente con la situazione in atto. Se siamo in una situazione di gioia (per mantenere l’esempio) con pensieri di preoccupazione, con uno stato fisiologico di attivazione che traduciamo come ansia, o con uno stato fisiologico opposto che inquina la nostra gioia facendoci percepire stanchezza, demotivazione…insomma ogniqualvolta in cui non c’è coerenza (vedi anche qui) tra ciò che proviamo, ciò che pensiamo, ciò che mostriamo, ciò che esperiamo…allora abbiamo perso la nostra integrazione originaria – con cui siamo nat*, ma che poi tanti fattori man mano hanno intaccato – e in tal caso non possiamo davvero sentirci bene! Il nostro star bene non sarà pieno, ma mancante di qualcosa, e molto probabilmente non sapremo nemmeno di che cosa! La frase ‘ritrova te stesso’ (un po’ inflazionata ormai a dir il vero) non è nient’affatto astratta, come si potrebbe credere, se la poggiamo su questi presupposti di integrazione, di connessione, di armonia, tra pensieri/emozioni/sensazioni/atteggiamenti, anzi possiamo (o dobbiamo) attivamente perseguirla.
La psicoterapia allora come percorso per ritrovare l’integrazione tra i vari aspetti della Persona, che non si frammentino e non si disperdano più.
E noi psycho come guide in questo viaggio alla ricerca della ri-connessione, dentro di Sé, dove la Persona trova il proprio centro – trova se stessa appunto – e fuori di Sé, dove la Persona può ri-connettersi, in modo più salutare e libero, con l’Altr*.