E questo post è un mio messaggio per psycho-pazienti (in percorso, o in riflessione sull’intraprendere un percorso…).
Oggi sono sempre più numerose le persone che si ritrovano a fronteggiare tremende crisi d’ansia. Chi ha provato almeno una volta nella sua vita un cosiddetto attacco di panico sa che si tratta di una situazione terribile (non entro qui nel merito delle differenze tra ansia e panico, mi interessa la sostanza). C’è di terribile che chi si sente pervadere da questa indescrivibile angoscia non riesce a identificare dove e quale sia il pericolo, ma prova lo stesso terrore che proverebbe davanti a un pericolo reale e concreto: come se stesse per sopraggiungergli/le un infarto, o come se fosse di fronte a un leone nella savana che lo/la sta puntando. Chi non ha mai provato quest’ansia fortissima quasi fatica d’altro canto a credere a chi racconta di essere stato/a così male inspiegabilmente.
Ora, per me, ciò che può essere utile qui non è tanto capire come si formi l’attacco di panico; terrei più invece a trasmettere questo messaggio: psycho-pazienti! se il vostro corpo si comporta come se fosse in pericolo è perché sente che siete a rischio! Questa voce dentro di voi che vi parla attraverso il corpo cerca di darvi una comunicazione di allarme, dice: “Ehi, qui qualcosa nella tua vita non va! Non stai provvedendo a proteggerti da certe situazioni e così non stai bene!”. Così come è fondamentale che davanti a un leone proviamo paura (sennò finisce che pensiamo di farcelo amico e gli andiamo incontro …così quello ci mangia!), è fondamentale capire che il nostro corpo con l’attacco di panico vuole comunicarci che c’è necessità di prendere provvedimenti adeguati, ad esempio prendendo decisioni nuove per situazioni vecchie…E’ per questo che i/le mie* psycho-pazienti mi sentono spesso dire: “devi affezionarti all’attacco di panico perché quando gli vorrai bene, lo ascolterai davvero, e non l’avrai più!”. Quando ci si affeziona alla crisi, vuol dire che se ne decifra il messaggio in codice, se ne coglie il valore di autoprotezione che sta arrivando, per noi, da una parte di noi profondamente autentica, e assolutamente affidabile; compresa la comunicazione e adottati gli adeguati provvedimenti, non c’è più necessità di provare ansia, è un meccanismo naturale di ritorno all’equilibrio.
Einstein diceva che l’unico pericolo della crisi è la tragedia che può conseguire al non voler lottare per superarla, il chè significa, per me, che l’unico vero pericolo della sofferenza sta nel non coglierne le opportunità di crescita.