Stavolta vorrei rivolgermi prevalentemente a voi, genitori e ragazz* che state valutando l’idea di chiedere un aiuto: spero di potervi chiarire questo aspetto, che è spesso una delle cose attorno a cui gravitano più dubbi.
Sapete qual è una frase che mi sento spesso dire dai genitori di adolescenti? Questa: ‘ok allora le porto mio/a figlio/a, così poi dottoressa mi dirà che cosa le racconterà, dato che con me non parla’.
Ecco, non funziona così. Ma facciamo qualche passo indietro intanto. Da genitore preoccupato contattate un/una professionista psycho. Il/la collega non darà né un primo appuntamento a vostro/a figlio/a minore, né un primo appuntamento a voi insieme a vostro/a figlio/a. Concorderete invece un primo appuntamento per voi genitori. E già questa parte non è sempre un dettaglio di facile gestione: richieste della serie ‘guardi vengo solo io perché mio marito lavora sempre, non riesce’, oppure ‘mia moglie non viene perché non glielo abbiamo detto, mio figlio si confida solo con me’…sono solo alcuni esempi di richieste, comprensibili, ma che da psycho non possiamo assecondare, o il percorso parte già col piede sbagliato.
Non appesantisco questa trattazione riportando passaggi dal codice deontologico (che trovate tranquillamente in rete) e nemmeno allarmandovi sul fatto che, a volte, in situazioni particolari (come nel caso di dissenso di un genitore) non sia sufficiente la deontologia professionale, ma ci si debba avvalere ad esempio del giudice tutelare. Nel caso, approfondirete in maniera opportuna.
Qui riporto situazioni più o meno di routine. Riprendo dagli esempi di prima.
Se, padri o madri, non volete coinvolgere l’altro genitore (per svariati motivi), non focalizzatevi sul fatto che dobbiate necessariamente far accedere vostro/a figlio/a all’intervento psicologico: intanto prendetevi voi lo spazio per una consulenza in cui valutare, insieme al/alla professionista, come sia meglio procedere; potreste così trovare il modo per parlarne con l’altro genitore, ma anche delle buone strategie per comprendere e fronteggiare al meglio la vostra preoccupazione.
Certo, se la richiesta di ricevere un aiuto l’avete raccolta direttamente da vostro/a figlio/a adolescente (schematizzando, faccio riferimento alla fascia di età 13/14-18), è importante dar seguito all’ascolto, permettendogli/le di intraprendere un suo percorso psicologico, ma appunto è necessario per questo il consenso di entrambi voi genitori (sto sempre parlando di situazioni di genitori entrambi viventi ed entrambi affidatari, anche in caso siate separati, naturalmente).
Se proprio con l’altro genitore non volete/potete parlare, sappiate che i consultori pubblici, o realtà analoghe, in Italia, possono incontrare minori senza il consenso genitoriale. E questa dritta la dò anzi anche direttamente a voi, ragazzi e ragazze: sentite il bisogno di un aiuto psicologico, non sapete come fare perché non vi sembra possibile esprimere a casa questa necessità, non rassegnatevi, google certamente vi indicherà i consultori vicini coi riferimenti da contattare in autonomia; e potreste anche farvi dare una mano dallo sportello d’ascolto scolastico.
Se, padri o madri, avete difficoltà all’idea di trovarvi in seduta insieme all’altro genitore (magari perché avete conflitti in corso), ma siete entrambi d’accordo sulla consulenza genitoriale (e di lì valutare se attivare l’intervento con vostro/a figlio/a), in questo caso farete semplicemente le sedute di consulenza separatamente.
Fatta questa breve panoramica sulle opzioni, ritorno alla frase citata, quella per cui, da genitori, potreste aspettarvi che la/lo psycho vi riferisca quanto vostra/o figlia/o adolescente comunica in seduta e, da adolescenti, potreste temere, per lo stesso motivo. Diciamolo chiaro: il segreto professionale, raccolti i consensi informati da tutte le parti in causa, è segreto! E non di Pulcinella! Chi necessita dell’aiuto deve poter assolutamente essere certo, qualsiasi età abbia, che i contenuti emersi in seduta resteranno protetti.
La frase che uso di solito al primo incontro con l’adolescente è ‘ho il segreto professionale, anche se sei minorenne, di questo voglio assolutamente rassicurarti, dunque non potrà accadere che riferirò ai tuoi ciò che mi dirai nei nostri incontri. Voglio però che ci diciamo subito che, qualora insieme valutassimo che sia meglio che i tuoi vengano messi al corrente di situazioni che ti riguardano, ad esempio perché per qualche motivo puoi essere in pericolo, e loro così possono aiutarti, o anche per altri motivi, allora concorderemo insieme io e te come parlarne con loro, se noi due insieme, se io da sola, se lo farai tu. In ogni caso non accadrà che parlerò coi tuoi senza averlo prima concordato con te ’.
La frase che uso di solito coi genitori, nel momento in cui valutiamo insieme che abbia senso passare dalla consulenza genitoriale all’intervento diretto con l’adolescente (cosa nient’affatto scontata, ma ve ne parlerò in un prossimo post) è ‘ il segreto professionale vale anche rispetto ai/alle minori, dunque non vi riferirò quanto vostro/a figlio/a mi racconterà. Spiegherò però anche a lui/lei che, qualora emergessero contenuti di cui è meglio che siate messi al corrente, ad esempio perché per qualche motivo può essere in pericolo, o anche per altri motivi, allora concorderemo di parlarne con voi e come farlo, se lo farò io, se lo farà direttamente lui/lei, se faremo un incontro tutti insieme. In ogni caso quando voi ed io faremo il punto sul percorso, sarà sempre prima concordato con vostro/a figlio/a ’.
Di solito, questa modalità chiara nelle regole e nella comunicazione delle stesse (vedi anche questo mio post), permette sia ai genitori che agli/alle adolescenti di affidarsi abbastanza serenamente. E ok da qui, possiamo dire che abbiamo preparato tutti gli zaini, tutto pronto, si parte alla guida di una bella, anche se probabilmente faticosa, nuova avventura …