Ho rubato il titolo al libro di Bessel Van Der Kolk. Mi pare spieghi bene quanto a volte accade nelle persone che subiscono gravi dolori: la sofferenza non si imprime solo nella memoria, ma incide i segni nel corpo, come uno scalpello. La sofferenza per una perdita importante, per un trauma, per un lutto, indebolisce il sistema immunitario fino a spararci addosso fuoco amico. La paura, la rabbia sono emozioni che fortunatamente il nostro cervello attiva per permetterci di reagire alle situazioni dolorose, ma il rischio è che nel tempo prendano il sopravvento proprio perché si imprimono nella memoria del corpo. E questo senza che ce ne rendiamo conto, senza che ne siamo consapevoli, ma il nostro corpo subisce gli attacchi della nostra psiche, arrivando fino a generare malattie autoimmuni che del dolore fanno il proprio simbolo: fibromialgia, artrite reumatoide, psoriasi, ecc. E attenzione – devo dirlo perché spesso purtroppo ancora queste malattie sono guardate con sospetto – non si tratta certamente di malattie immaginarie! Purtroppo succede di pensare così quando si tira in ballo la psiche, succede di pensare che il/la malat* stia galoppando con la fantasia o che proprio ci marci su, in base a quanta buona o cattiva fede ci si voglia vedere. In realtà, la buona o la cattiva fede non c’entrano nulla, il dolore cronico è reale, l’infiammazione è evidente persino dagli esami del sangue. Sono le cause del dolore cronico che sono complesse e quindi spesso poco chiare; o meglio, spesso è poco chiaro che le cause siano da ricercare anche nelle modalità disfunzionali di riconoscimento e gestione delle proprie emozioni. Quando si arriva a intravedere la possibilità che sia coinvolto il “fattore x”, il fattore psicologico, nella strutturazione di malattie autoimmuni, si coglie l’opportunità di incidere su quel fattore, e si può intraprendere un cambiamento, mettendo in campo modalità nuove e più funzionali di fronteggiare le proprie emozioni, ci si può a quel punto direzionare verso il miglioramento della propria qualità di vita, ci si può finalmente liberare dalla zavorra del dolore.
Per prim* noi psycho dobbiamo avere ben presente quanto possiamo giocare un ruolo fondamentale nella cura e nel miglioramento delle condizioni di vita delle Persone che fronteggiano dolori cronici e/o sintomi da somatizzazione (vedi anche post ‘sarai solo un po’ stressato‘). Non tutt* noi psycho abbiamo però nella nostra cassetta degli attrezzi gli strumenti adeguati per accompagnare i/le nostr* Pazienti in percorsi efficaci a modificare certe modalità reattive disfunzionali. Suggerisco dunque agli/alle psycho-pazienti che ci chiedono aiuto per disturbi che si manifestano anche attraverso il corpo, di parlare liberamente di queste proprie difficoltà, sin dalle prime sedute, manifestando il proprio lecito obiettivo di risolvere la situazione. Al contempo suggerisco a noi psycho di formarci opportunamente, se desideriamo occuparci di queste problematiche, così da aggiungere al nostro bagaglio strategie precise (vedi anche questo mio post), oppure – in tutta onestà – di non prendere in carico casi di Persone che necessitano di competenze teoriche e tecniche specifiche (e questo vale sempre, per qualsiasi tipo di competenza non sia in nostro possesso. Del resto la psicologia clinica e la psicoterapia possono spaziare in un universo così vasto che nessun* psycho può essere onnisciente … anzi, attenzione a chi ostenta il contrario!)