L’EPOCA DELLA PRECARIETA’

In un’epoca di grande instabilità, di precarietà in ogni aspetto della vita, tocco quotidianamente i segni di questo negli incontri con i/le Pazienti, in particolare nell’incontro con le Persone giovani che si accingono a costruire il proprio futuro, apprestandosi a progettare famiglia, carriera, trasferimenti, ecc. C’è una paura dilagante, a volte esplicita e riconosciuta, a volte inconsapevole e subdola, che in ogni caso fa danno. Parlo di Paolo[1], 25 anni, che, dopo aver completato il suo brillante percorso di studi, con passione e tenacia, al contempo lavorando per non pesare sui suoi, ora va a letto tutte le sere col ‘magone‘ perché in lui si sta facendo strada la terribile convinzione che studiare fisica non sia servito a nulla. Parlo di Roberta, 28 anni, che ha appena avuto il suo primo bimbo, e con suo marito non vedeva l’ora, ma adesso lei non ha più tregua dagli attacchi di panico: il suo pensiero fisso è ‘ho messo al mondo mio figlio in un mondo cattivo, sono stata egoista‘. Parlo di Elena, 27 anni, che ha perso i suoi genitori uno dietro l’altro, mamma per il cancro e papà per il covid, e che, pur non avendo oggettive difficoltà economiche, pur avendo un buon lavoro, non riesce più a dormire una notte serena, per la preoccupazione continua di ‘non farcela se arriva un imprevisto’. Parlo di Leonardo, 31 anni, che scivola nel tunnel della depressione ogni mattina, dopo aver passato la notte a documentarsi sulla gravità della situazione ambientale del pianeta e dopo aver trascorso gli ultimi due anni prima della pandemia, a cercare di contribuire attivamente al ‘cambiamento‘, girando il mondo come volontario di ong. Potrei parlare di molte altre Persone, di molte altre Sofferenze, di molte altre Storie, tutte accomunate da un filo rosso, il filo rosso della ‘Perdita di Senso‘.  Certamente la pandemia, con annessi e connessi, ha potenziato il vissuto di essere in balìa di qualcosa fuori dal nostro controllo, che ci schiaccia, che condiziona, che mette in pericolo fisicamente e psicologicamente, che mina alla base le relazioni – nutrimento dell’essere umano – non permettendoci di vivere pienamente e nemmeno di sentirci liber* di progettare una vita piena futura. Non c’è ‘solo’ questo però, non possiamo liquidare il Covid come unica causa di tanta angoscia, anche perché – e non è un dettaglio – queste Storie, queste Paure, queste Sofferenze, a ben guardare, erano già presenti due anni fa, il Covid le ha potenziate ma non le ha generate! E’ importante – se vogliamo far parte della soluzione, oltre che del problema – che, in particolare noi adulti più grandi, ci rendiamo conto di quanta influenza abbiamo già e possiamo avere sulle generazioni nate dopo di noi. Oltre a iniziare ad occuparci concretamente dei grandi temi (come l’esauribilità delle risorse del pianeta, solo per citarne uno tra i prioritari), agendo e dando l’esempio (invece che a chiacchiere, o devastanti ‘tanto non si può fare niente‘), dovremmo smettere di riempire i/le giovani di preoccupazioni controproducenti, ormai peraltro anacronistiche perché concentrate solo sul proprio orticello, con ritornelli come ‘il mondo fa schifo, ‘a nessuno frega niente’, ‘tu pensa a te’, ‘cercati un lavoro che ti faccia guadagnare’ e una su tutte: ‘non puoi inseguire i sogni!’. No! Fidatevi! Non è così che aiutiamo la rinascita, non è schiacciando i sogni che facciamo rifiorire la Vita! Dobbiamo assumerci la responsabilità di seminare speranza, di incoraggiare, di rassicurare, supportare e confortare, di mostrare come impegno e desiderio, fatiche e passione, possano e debbano andare a braccetto, rendendo possibile l’impensabile, e reale l’immaginato. Prendo a prestito una frase che ho adorato di Papa Giovanni XXIII: ‘Non consultatevi con le vostre paure, ma con le vostre speranze e i vostri sogni. Non pensate alle vostre frustrazioni, ma al vostro potenziale irrealizzato. Non preoccupatevi per ciò che avete provato e fallito, ma di ciò che vi è ancora possibile fare’.


[1] Nomi di fantasia

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